1. Il sig. A.A. (odierno ricorrente; di seguito “l’A.A.”) convenne in giudizio il Comune di Benevento (odierno resistente; di seguito “il Comune”) domandando il risarcimento, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni subiti alla propria autovettura a seguito dell’allagamento della strada verificatosi in occasione di un’abbondante precipitazione. Assunse che tale evento era stato determinato dalla omessa manutenzione da parte dell’ente convenuto delle caditoie, delle fogne e della regimentazione dell’acqua piovana. Il Comune chiamò in causa la GE.SE.SA Spa , società alla quale era stato affidato il servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete fognaria.
2. Il Tribunale, ritenendo il sistema fognario inadeguato e non fornita la prova del caso fortuito, accolse la domanda dell’A.A., e condannò il Comune al pagamento della somma di Euro 14.962,69, oltre interessi, nonchè al pagamento delle spese processuali. Diversamene, non rilevò alcuna responsabilità a carico della società appaltatrice.
3. A seguito dell’impugnazione dell’ente comunale, la Corte di Appello di Napoli ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado e, in applicazione dell’art. 2058 c.c., comma 2, ha condannato il Comune al pagamento della minor somma di Euro 2.500,00 a titolo di risarcimento del danno.
4. Avverso detta sentenza, l’A.A. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui il Comune di Benevento resiste con controricorso.
5. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
6. Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
7. Le parti non hanno depositato memoria.
1. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e segg., nonchè per la violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.
In particolare, il ricorrente evidenzia che la Corte di Appello ha considerato il valore dell’autovettura dichiarato dal Comune come prova esistente e decisiva ai fini del giudizio, nonostante la propria contestazione e la mancanza di alcun documento probatorio a supporto.
Il ricorrente sostiene, altresì, che nessuna richiesta o contestazione riguardo l’eccessiva onerosità del risarcimento in forma specifica sarebbe stata avanzata dal Comune prima del giudizio di appello. Precisa che il Giudice di secondo grado ha erroneamente accolto un motivo relativo ad un’eccezione che avrebbe dovuto essere provata nel corso del giudizio, nel contraddittorio delle parti.
Infine, censura la sentenza gravata nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sulle specifiche eccezioni sollevate relative al valore dinamico e alle condizioni effettive del veicolo danneggiato.
2. Con il secondo motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2058 c.c., comma 2. Al riguardo il ricorrente deduce l’assenza dei presupposti per l’applicazione della suddetta norma, dal momento che il Comune non avrebbe fornito la prova dell’eccessiva onerosità del risarcimento in forma specifica.
3. Sul primo motivo di ricorso. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe ritenuto esistente e decisiva una prova mai fornita dal Comune, ed avrebbe altresì omesso la pronuncia su specifiche eccezioni sollevate dal ricorrente stesso in relazione alle condizioni dell’autovettura valore “dinamico” della stessa.
In particolare, a detta del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe acriticamente aderito alla quantificazione del valore dell’auto in Euro 2.500,00 fornita dal Comune, mentre avrebbe omesso di valutare quanto dedotto al riguardo da esso ricorrente.
Sempre ad avviso del ricorrente, la contestazione del Comune avverso la quantificazione del danno materiale riportato dall’auto di sua proprietà sarebbe inammissibile, attesa la proposizione della relativa eccezione per la prima volta solo in sede di appello.
3.1 In via preliminare, con riferimento alla sopra riportata eccezione di inammissibilità, va rilevato che essa è infondata, come risulta dalla motivazione della sentenza: “contrariamente sostenuto dall’A.A., l’ente convenuto ha tempestivamente contestato l’importo richiesto, sia con riguardo ad alcune delle voci di danno reclamate (…), che con riguardo al quantum richiesto, ritenendo esistente una sproporzione tra i costi ripartivi ed il valore di mercato dell’autovettura (cfr. comparsa di risposta pagg. 5 e 6 nel fascicolo di parte dell’ente comunale, dove peraltro viene espressamente citata la perizia di parte redatta dal tecnico B.B.)” (così a p. 9, ultimo p., della sentenza).
3.2 Sempre con il motivo in esame, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la prova del valore effettivo dell’autovettura fornita dal Comune, omettendo invece di pronunciarsi sulle specifiche eccezioni sollevate dal ricorrente relative al valore “dinamico” ed alle condizioni effettive dell’autovettura danneggiata. Tale censura si risolve nella richiesta di una nuova valutazione dei fatti e delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di legittimità.
3.3 In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte territoriale ha proceduto alla valutazione di tutte le prove relative al valore dell’autovettura, e alla corretta quantificazione del danno. In particolare, la Corte ha ritenuto attendibili le prove documentali consistenti nella relazione della polizia municipale e nella perizia tecnica del consulente del Comune, per constatare il valore commerciale della vettura precedentemente al danno e per quantificare l’entità di quest’ultimo. Ma soprattutto, la Corte ha statuito che “la contestazione dell’A.A. è solo genericamente prospettata, ma non risulta supportata da specifiche censure”.
3.4 Alla luce dei consolidati principi giurisprudenziali, grava sul danneggiato la prova relativa al quantum del danno subito, e specificamente, trattandosi di danni subiti da un’autovettura, i preventivi e la fattura della riparazione non costituiscono di per sè prova del danno stesso, tanto più se non sono accompagnati da una quietanza o da un’accettazione, e provengono dalla stessa parte che intende utilizzarli (Cass., 12/2/2018, n. 3293; Cass., 20/7/2015, n. 15176).
3.5 Va inoltre rilevato che non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (ex multis, cfr. Cass., 13/8/2018, n. 20718; Cass., 11/11/2015, n. 17956).
3.6 In ogni caso, come statuito delle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014: “l’omesso di elementi istruttori non integra di per sè il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione del giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, con la conseguenza che in sede di legittimità non è data ora (…) la possibilità di censurare che la proroga di un dato fatto sia stata tratta negata dall’apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico, ma la stessa attività di valutazione del corredo probatorio, che solo al giudice di merito”.
4. Sul secondo motivo di ricorso. Con tale motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2058 c.c., in quanto la Corte territoriale avrebbe disposto il risarcimento per equivalente in assenza della prova che la reintegrazione in forma specifica risultava eccessivamente onerosa.
4.1 Anche motivo in esame si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione del merito e del materiale istruttorio, preclusa in sede di legittimità.
4.2 In ogni caso, va rilevato che la Corte territoriale non ha ritenuto provato il danno subito dall’autovettura nella misura di Euro 2.500, ma, piuttosto, ha ritenuto provato il valore commerciale di tale autovettura nella misura non superiore ad Euro 2.500. Infatti, a fronte di un preventivo per la riparazione di oltre cinque volte superiore al valore dell’auto, la Corte ha correttamente ritenuto che vi fossero i presupposti per disporre risarcimento per equivalente.
4.3 La Corte motiva al riguardo: “la giurisprudenza, infatti, sottolineato che in caso di domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo per un incidente stradale, costituito dalla somma di denaro necessaria per effettuare la riparazione dei danni si propone in realtà una domanda di risarcimento in forma specifica. Pertanto, se detta somma supera notevolmente il valore di mercato della vettura, da una parte risulta essere eccessivamente onerosa per il danneggiante, e dall’altra finisce per costituire un ingiustificato arricchimento per il danneggiato, sicchè il giudice potrà condannare il pianeggiante risarcimento del danno per equivalente. Orbene, la vettura dell’A.A. all’epoca dell’evento aveva un valore commerciale di mercato pari ad Euro 2.500, somma di gran lunga inferiore a quella necessaria per la riparazione (Euro 14.962,69 secondo il preventivo allegato dall’A.A., Euro 17.116,00 secondo relazione del tecnico incaricato dal Comune, che ha effettuato una valutazione considerando il veicolo come “relitto”), sicchè risarcimento dovuto in favore dell’appellante deve essere ridotto nella minor somma di Euro 2.500″ (così da p. 10, ultimo p., a p. 11, primo p., della sentenza).
Pertanto, la Corte territoriale: (i) ha dapprima accertato il valore dell’auto, ritenendo, a fronte dell’erogazione del tecnico comunale in ordine al valore commerciale della stessa, non sufficiente la prova dell’odierno ricorrente circa il maggior valore; (ii) accertato tale valore, lo ha poi comparato sia con il preventivo presentato dal ricorrente, sia con quello emergente dalla relazione tecnico comunale, pervenendo, sulla base di una mera evidenza matematica, al giudizio di eccessiva onerosità del risarcimento in forma specifica.
4.4 La valutazione del giudice ai fini dell’applicazione dell’art. 2058 c.c., ed in particolare sulla scelta di attribuire al danneggiato il risarcimento per equivalente anzichè quello in forma specifica, rientra nella discrezionalità del giudice del merito, in quanto tale non sindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. II, 8/1/2013, n. 259).
5. Il ricorso è pertanto infondato, essendo infondati entrambi i motivi sui quali esso è prospettato.
6. Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente A.A. al pagamento, in favore del resistente Comune di Benevento, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.000,00, oltre agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
- Redazione
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