M.A. e R.G.L. hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 309/2021 del 17 febbraio 2020.
Gli intimati Condominio (omissis) e A.F. non hanno svolto difese.
La Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’impugnazione principale avverso la sentenza n. 172/2014 emessa dal Tribunale di Ravenna. Il Tribunale aveva respinto la domanda di accertamento dei vizi e di condanna al correlato risarcimento dei danni avanzata da M.A. e R.G.L. nei confronti del Condominio (omissis) e dell’amministratore A.F. , quanto alla porta del terrazzo ed alla rottura dei vetri dell’unità immobiliare appartenente agli attori. La sentenza di primo grado, per quanto ancora rilevi, affermò che all’epoca della ristrutturazione del lastrico solare condominiale appaltata dal Condominio nel 2004 all’impresa T.C., M.A. e
G.L.R. non avevano ancora acquistato l’appartamento e non erano perciò legittimativi attivi alla domanda risarcitoria, avendo peraltro l’assemblea condominiale deliberato in data 14 agosto 2009 di rinunciare all’esercizio di azioni giudiziarie nei confronti della T.C.. Sul gravame di M.A. e R.G.L. , che sosteneva la
responsabilità dell’amministratore, la Corte d’appello di Bologna ha dissertato in sentenza in ordine alla natura di “organo” non necessario dell’amministratore di condominio ed ha quindi negato ogni responsabilità in proprio di A.F. quanto ai rapporti con l’appaltatrice T.C., essendo comunque lo stesso amministratore vincolato dalla delibera dell’assemblea del 14 agosto 2009.
Il primo motivo di ricorso di M.A. e R.G.L. denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2051,2934,2935,2964,1105,1106,1117 quater, 1118,1129 c.c., art. 1130 c.c., nn. 3 e 4, artt. 1131,1133 c.c., art. 1135 c.c.,
n. 4, di nuovo art. 2051 c.c., quanto alla ritenuta anteriorità dei danni rispetto all’acquisto dell’appartamento da parte dei ricorrenti. La censura nega che si fossero verificate prescrizioni o decadenze, ipotizza la legittimazione surrogatoria dei condomini rispetto all’inerzia dell’amministratore, contesta la ravvisata natura di organo non necessario dell’amministratore, critica l’esclusione della responsabilità dell’amministratore e smentisce che tale responsabilità potesse essere esclusa dalla deliberazione dell’assemblea di rinuncia all’azione contro l’appaltatrice.
Il secondo motivo di ricorso deduce l’omesso esame con riguardo alle diverse prove testimoniali e per interrogatorio, nonché alla documentazione, che confermerebbero la responsabilità dell’amministratore con riguardo alla rinuncia all’azione contro l’appaltatrice.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
I ricorrenti hanno presentato memoria.
Il ricorso è inammissibile in entrambi i suoi motivi in rapporto al requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.
I due motivi neppure si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata e si risolvono in una critica generica della stessa, formulata sotto una molteplicità di profili di fatto, auspicando dalla Corte di cassazione un diverso apprezzamento degli elementi istruttori valutati dalla Corte d’appello.
Il primo motivo, in particolare, indica in rubrica quattordici articoli del Codice civile asseritamente inosservati, senza poi accompagnare nella parte espositiva della censura alcuna specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con ciascuna di tali norme e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Sez. U, 28/10/2020, n. 23745).
Il secondo motivo di ricorso deduce, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame non di un fatto storico, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), ma di elementi istruttori inerenti ad un fatto storico, rilevante in causa, che è comunque stato preso in considerazione dalla Corte d’appello (la delibera assembleare 14 agosto 2009 e la rinuncia all’esercizio di azioni giudiziarie nei confronti della T.C.).
Le censure svolte in sede di legittimità neppure affrontano la ratio decidendi adoperata dal giudice di primo grado, e riferita nella sentenza impugnata, secondo cui all’epoca della ristrutturazione del lastrico solare condominiale appaltata dal Condominio nel 2004 all’impresa T.C., M.A. e R.G.L. non avevano ancora acquistato l’appartamento e non erano perciò legittimati a proporre la domanda di risarcimento: invero, nel caso di trasferimento di un immobile, cui con opere e fatti di qualsiasi genere siano stati apportati danni da terzi, il diritto al risarcimento del danno causato dall’immutazione, per la sua natura di diritto di credito, non si trasferisce insieme alla proprietà senza un patto espresso di cessione, sicché deve escludersi la risarcibilità in favore dell’acquirente delle serie di degradazioni e deprezzamenti verificatisi prima del momento del suo acquisto.
Va poi affermato che l’assemblea dei condomini, avendo il potere di autorizzare l’amministratore ad agire in giudizio per l’esercizio di diritti che, pur riferentesi alle parti comuni dell’edificio condominiale, non rientrino nella rappresentanza giudiziale attiva del condominio attribuita all’amministratore dall’art. 1131 c.c., è legittimata a rinunciare all’azione nei confronti dell’appaltatore, che abbia eseguito opere di manutenzione dell’edificio, per eliminare i vizi ed i difetti in esse riscontrati, senza che tale delibera possa invadere la sfera dei diritti riservati ai singoli condomini, i quali possono liberamente fare valere nei confronti dell’appaltatore il diritto al risarcimento di eventuali danni ad essi derivanti dalla cattiva esecuzione dell’appalto.
Una tale deliberazione assembleare determina, peraltro, l’insorgere del potere-dovere dell’amministratore, ex art. 1130 c.c., n. 1, di darne attuazione, sicché la stessa non può integrare un fatto illecito idoneo a fondare una responsabilità risarcitoria personale dell’amministratore, oppure una condanna al risarcimento del danno del condominio, quale centro di imputazione degli atti e delle attività compiute dalla collettività condominiale e delle relative conseguenze patrimoniali sfavorevoli.
Nella memoria presentata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, i ricorrenti tentano di integrare inammissibilmente il contenuto del ricorso, facendo ancora una volta rinvii ipertestuali alla citazione di primo grado, alle istanze istruttorie, alle prove assunte, ai documenti prodotti, e poi allegando elementi di fatto circa la persistenza delle infiltrazioni dopo l’acquisto dell’appartamento o l’inerzia dell’amministratore.
Nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, sottoscritta dall’avvocato R.G. , per conto dei ricorrenti, sono peraltro riportate le seguenti espressioni: “Il relatore non deve avere letto il ricorso perché, diversamente, avrebbe dichiarato il falso”; “Quanto alla falsità della prima affermazione basta leggere il ricorso”; “Altrettanto pretestuosa (..)”; “Inverosimile che detti articoli, citati a pagina 9 del ricorso tra gli articoli del primo motivo e
a pagina 11 del ricorso non siano stati tenuti in considerazione senza alcuna motivazione: evidentemente erano di ostacolo alle arbitrarie decisioni sia della Corte territoriale che del relatore. E non si tratta di interpretazioni dirimenti, ma di volontario disconoscimento degli stessi”.
Ad avviso del Collegio, tali espressioni dispregiative nei confronti del relatore autore della proposta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. denotano inosservanza da parte dall’avvocato R.G. del dovere di lealtà e probità, ex art. 88 c.p.c., comma 2, sicché deve darsene notizia al Consiglio distrettuale di disciplina forense di Bologna per l’eventuale esercizio del potere disciplinare.
Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, non dovendosi provvedere al riguardo delle spese del giudizio di cassazione perché l’intimato non ha svolto attività difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dispone trasmettersi copia della presente ordinanza e della memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, sottoscritta dall’avvocato R.G. al Consiglio distrettuale di disciplina forense di Bologna ai sensi dell’art. 88 c.p.c., comma 2.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
- Assemblea dei condomini - Poteri - Autorizzazione all’esercizio in giudizio di diritti diversi da quelli conferiti all’amministratore dall’art. 1131 c.c. - Conseguenze - Delibera di rinuncia all’azione verso l’appaltatore per vizi e difetti dell’opera - Possibilità - Dovere di esecuzione dell’amministratore - Sussistenza - Violazione dei diritti dei singoli -.
- Cod. Civ. art. 1130 lett. 1, Cod. Civ. art. 1131, Cod. Civ. art. 1667.
Mi auguro che questo post ti sia utile e ti ricordo che ogni articolo – grazie anche alla collaborazione dei lettori – viene costantemente aggiornato e approfondito nel tempo al fine di offrire una guida quanto più completa ed esaustiva possibile.
La tua opinione conta. Miglioriamo insieme il Progetto.
Hai opinioni, pareri, correzioni da condividere su questo argomento?
Faccelo sapere! Il nostro obiettivo è offrire i migliori contenuti possibili.
Apprezziamo qualsiasi feedback ben argomentato.