La società Venezia Giochi Srl , convenne davanti al Tribunale di Venezia, la società Bar Sport snc di A.A. e Co deducendo di aver stipulato con la convenuta un contratto avente ad oggetto l’installazione, presso l’esercizio commerciale di quest’ultima in (Omissis), di congegni e apparecchi per il gioco lecito di cui all’art. 110 del T.U.L.P.S. n. 773 del 1931 per un periodo di almeno sei anni in via esclusiva, a fronte del pagamento del 60 % degli incassi, introitati da ciascuno di essi al netto delle imposte; che il contratto prevedeva il rinnovo automatico del rapporto per un uguale periodo salvo disdetta da comunicarsi almeno novanta giorni prima della scadenza del termine; che la convenuta, contravvenendo a tale prescrizione, aveva comunicato l’intenzione di risolvere il contratto, adducendo un’asserita violazione della normativa antiriciclaggio nella misura in cui sarebbero stati effettuati dalla concedente, quale mandataria del Concessionario, pagamenti in contanti anzichè a mezzo bonifico; che, pertanto, aveva provveduto alla disinstallazione degli apparecchi da gioco; sulla base di detti presupposti la società attrice chiese pronunciarsi la risoluzione del contratto per inadempimento della convenuta e la condanna al risarcimento del danno nella misura stabilita dalla clausola penale prevista dal contratto.
La convenuta, nel costituirsi in giudizio, dedusse che l’attrice aveva violato la regola del pagamento dei corrispettivi con mezzi tracciabili, regola la cui violazione implicava, oltre alla risoluzione del contratto in essere tra le parti, anche di quello trilatero di rete stipulato a monte dalle stessi parti con la HBG Connex Spa quale concessionario della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la realizzazione e la conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito.
Il Tribunale adito ritenne che le deduzioni della convenuta fossero da disattendere, in quanto non era possibile ravvisare il collegamento negoziale intrinseco ed imprescindibile tra la convenzione privata stipulata tra le parti del presente giudizio ed il contratto di rete stipulato con il concessionario atteso che, per previsione contrattuale, l’esercente avrebbe avuto una posizione indipendente rispetto al Concessionario e una distinta responsabilità rispetto a quest’ultimo.
Rilevata pertanto l’infondatezza dell’eccezione di inadempimento sollevata da parte convenuta, anche perchè eccepita solo dopo dieci anni di corretta esecuzione del contratto, il Tribunale ritenne che la condotta della convenuta, di recedere anticipatamente dal contratto, fosse contraria ai doveri di correttezza e buona fede e che, pertanto, il contratto dovesse dirsi risolto per inadempimento della medesima con condanna ai danni.
Per la quantificazione dei danni il Tribunale ritenne che la clausola penale contenuta nel contratto dovesse essere ridotta in ragione del fatto che la convenuta aveva comunque eseguito per gran parte la propria obbligazione e che il contratto sarebbe venuto presto a naturale scadenza.
Avverso la sentenza la Bar Sport snc di A.A. e Co. propose appello ma la Corte d’Appello di Venezia, con ordinanza del 23/5/2019, dichiarò il gravame inammissibile ex art. 348 bis c.p.c., condannando l’appellante alle spese del grado.
La soccombente ha allora proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, ex art. 348 ter c.p.c. La società Venezia Giochi Srl ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale, sussistendo le condizioni richieste dall’art. 380 bis c.p.c. La ricorrente ha depositato memoria.
Questa Corte, con ordinanza interlocutoria pronunciata nell’Adunanza Camerale del 20/6/2022, ha rinviato la causa per la trattazione in Pubblica Udienza rilevando profili nomofilattici nelle questioni dedotte con i motivi di ricorso.
Fissata la trattazione in Pubblica Udienza, il P.G. ha depositato le proprie conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, D.L. n. 137 del 2020, come convertito in l. n. 176 del 2020, nel senso dell’accoglimento del primo, secondo e terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto e la parte resistente ha depositato memoria.
Con il primo motivo di ricorso – violazione o falsa applicazione degli artt. 24, comma 1bis, D.L. n. 98/2911 e 3 comma 9 bis L. 136 del 2010- la ricorrente assume che la sentenza impugnata, nel ritenere ammissibili pagamenti in contanti effettuati dal gestore nei confronti dell’esercente del gioco lecito, abbia palesemente violato le disposizioni indicate in epigrafe e tutte le norme e principi che regolano la materia, prescriventi il divieto a tutte le figure a vario titolo operanti nella filiera del sistema gioco dell’utilizzo di denaro contante.
L’organizzazione del gioco lecito è affidata ai concessionari aggiudicatari della gara ad evidenza pubblica per la gestione della rete telematica statale, i quali concessionari hanno l’onere di gestire il gioco e remunerare tutti i soggetti della filiera esclusivamente con mezzi di pagamento che assicurino la tracciabilità dei flussi finanziari.
Ciò è specificamente previsto da apposite disposizioni, quali quelle indicate in epigrafe, e dallo schema di convenzione da utilizzare per definire i rapporti con i gestori abilitati dell’intera filiera del gioco lecito. Da ciò deriva che la materia è disciplinata esclusivamente da norme di interesse pubblico, la cui ratio è quella della tracciabilità di tutti i pagamenti effettuati, essendo come noto il settore del gioco e delle scommesse del tutto permeabile agli interessi della criminalità organizzata interessata ad operazioni di riciclaggio.
Tali essendo i principi che regolano la materia e che hanno natura indisponibile proprio in ragione dell’interesse pubblico perseguito della piena tra Spa renza e tracciabilità dei flussi di denaro pubblico, l’estensione, posta dalla impugnata sentenza alla individuazione di una modalità “ulteriore” rispetto a quella della tracciabilità su conti correnti bancari, si pone in diretto contrasto con le richiamate disposizioni.
Oltre agli specifici vincoli normativi posti dalle discipline di settore esiste, nel caso di specie, anche una specifica disciplina contrattuale secondo la quale la violazione delle regole di tracciabilità dei flussi finanziari costituisce causa di risoluzione del contratto.
Dunque, nella prospettazione della ricorrente, la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di inadempimento sollevata da Bar Sport snc per avere la Venezia Giochi Srl effettuato pagamenti in contanti, si porrebbe in contrasto con tutti i principi di legge e contrattuali regolanti la materia. Conseguentemente il Tribunale, nel non dichiarare la risoluzione di diritto del contratto intercorso tra Venezia Giochi e Bar Sport, e nel ritenere che fossero operanti in materia i limiti all’uso del denaro contante posti dalla disciplina nazionale ed invocata da Venezia Giochi, di Euro 1000 fino al 2015 e di Euro 3000 dal 2016 in poi, avrebbe palesemente violato le norme e i principi regolanti la materia.
Con il secondo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 1175-1375 c.c. – la ricorrente censura l’impugnata sentenza nella parte in cui la stessa ha ritenuto che, a seguito della esecuzione del contratto per un periodo di oltre dieci anni, il comportamento di Bar Sport, volto a determinare la risoluzione anticipata del contratto e la violazione della clausola di esclusiva, si porrebbe in contrasto con “i canoni di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. che dovrebbero ispirare ogni rapporto negoziale”.
Come illustrato nel primo motivo di ricorso la disciplina dei flussi finanziari relativi alla filiera del gioco e scommesse, è una disciplina inderogabile volta alla protezione di interessi indisponibili, rispetto alla quale non può neppure ipotizzarsi la discrezionale valutazione del comportamento delle parti secondo criteri di natura privatistica.
Non è, pertanto, possibile escludere l’applicazione di modalità di adempimento contrattuale imposte dal legislatore a tutela dell’ordine pubblico facendo riferimento ai principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto.
Anche ove si ritenesse che la risoluzione contrattuale invocata ed eccepita dalla ricorrente fosse stata prevista nel suo esclusivo interesse, dovrebbe comunque prevalere il principio per cui “Il solo ritardo nell’esercizio del diritto per quanto imputabile al titolare del diritto stesso tale da far ragionevolmente ritenere al debitore che il diritto non sarà più esercitato, non può costituire motivo per negare la tutela giudiziaria dello stesso, salvo che tale ritardo sia la conseguenza fattuale di un’inequivoca rinuncia tacita o modifica della disciplina contrattuale” (Cass., 1, 15/10/2013 n. 23382).
Con il terzo motivo di ricorso – violazione o falsa applicazione dell’art. 3 comma 9 bis D.lgs. 136 del 2010 e dell’art. 5 del contratto di rete stipulato tra le parti e il concessionario -la ricorrente lamenta che ii Tribunale abbia escluso la sussistenza di un collegamento negoziale tra la convenzione privata intercorsa tra le parti del presente giudizio e il contratto di rete che, a monte, regola i rapporti con il concessionario in base ad una pretesa autonomia dell’esercente rispetto al concessionario. Il giudice del merito avrebbe, invece, dovuto affermare la risoluzione non solo del contratto a valle ma anche di quello a monte, in presenza di un evidente collegamento negoziale e del principio “simul stabunt simul cadent”, derivante dal collegamento obbligatorio della filiera del gioco alla rete telematica statale e dello stretto collegamento operativo del concessionario, vertice della piramide, con gli altri soggetti della filiera i quali pongono in essere prestazioni accessorie rispetto a quella principale di raccolta delle giocate.
A fronte di questo assetto di rapporti la sentenza impugnata avrebbe disatteso i principi del collegamento negoziale in forza di argomenti non persuasivi, quale la pretesa autonomia del gestore rispetto al concessionario, tutt’altro che incompatibile con il collegamento tra i contratti e la circostanza che il contraddittorio non sarebbe stato esteso anche al terzo gestore di rete, estensione invero non necessaria in ragione della natura di eccezione riconvenzionale sollevata dalla convenuta.
Con il quarto e ultimo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 1382 e 1384 c.c. – la ricorrente lamenta che il giudice del merito abbia ritenuto applicabile la clausola penale pur dovendosi escludere la responsabilità del debitore. Lamenta altresì che, pur riconoscendo che Bar Sport avesse eseguito in gran parte la propria obbligazione e che il contratto fosse per pervenire a naturale scadenza, non abbia adeguatamente ridotto l’importo della penale.
Il P.G. ha formulato conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso, con assorbimento del quarto, ritenendo inderogabile la disciplina dettata dall’art. 3 comma 1 l. n. 187 del 2010, pacificamente applicabile anche al settore gioco, secondo cui tutti i flussi finanziari devono essere registrati su conti correnti dedicati e devono essere effettuati esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario e postale, ovvero con altri strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità dei flussi finanziari, riportando sugli strumenti di pagamento uno specifico “codice identificativo”. Di analogo tenore il comma 1 bis dell’art. 24 D.L. 98 del 2011 quale introdotto nel 2012. Dunque, ad avviso del P.G. la normativa di settore escluderebbe del tutto la possibilità di pagamenti in contante con la conseguente impossibilità di ipotizzare una deroga di ordine generale derivante dalla normativa sull’uso del contante nelle transazioni commerciali.
Il Collegio ritiene di condividere le conclusioni del P.G. per le ragioni qui di seguito esposte.
La lettera delle specifiche disposizioni relative alla filiera del gioco non lascia Spa zio a dubbi circa la inderogabilità dei sistemi di tracciamento di tutti i flussi finanziari. L’art. 24, comma 1 bis del D.L. 6 luglio 2011 n. 98 prevede testualmente “Al fine di garantire obiettivi di massima tra Spa renza, e per una più efficace e tempestiva verifica degli adempimenti cui ciascun soggetto è tenuto, è fatto obbligo a tutte le figure a vario titolo operanti nella filiera del sistema gioco di effettuare ogni tipo di versamento senza utilizzo di moneta contante e con modalità che assicurino la tracciabilità di ogni pagamento”.
L’art. 3 della l. 13 agosto 2010 n. 136 prevede che, per assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali, tutti gli appaltatori devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali accesi presso banche e tutti i pagamenti devono essere effettuati tramite bonifico bancario o postale ovvero con strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni. Il comma 9 bis dispone che “Il mancato utilizzo del bonifico bancario o postale ovvero degli altri strumenti idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni costituisce causa di risoluzione del contratto”.
La duplice previsione della inderogabilità della disciplina dei flussi finanziari tramite strumenti tracciabili in tutti i livelli della filiera del gioco lecito e la previsione della risoluzione di diritto dei contratti che prevedano deroghe a sistemi di pagamento tracciabili ha un tenore tale da non consentire alcun dubbio circa la inderogabilità della disciplina. La ragione della medesima risiede, oltre che nella finalità di dissuadere qualunque tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata nel sistema del gioco, anche nella natura pubblica del denaro raccolto.
Questa Corte, con la sentenza delle SS.UU. penali n. 6087 del 16/2/2021 ha ritenuto integrare il delitto di peculato la condotta del gestore o dell’esercente degli apparecchi da gioco leciti di cui all’art. 110, sesto e comma 7, TULPS, che si impossessi dei proventi del gioco, anche per la parte destinata al pagamento del Prelievo Erariale Unico (PREU), non versandoli al concessionario competente, in quanto il denaro incassato appartiene alla pubblica amministrazione sin dal momento della sua riscossione.
Se il denaro prelevato dalle slot è di immediata proprietà dello Stato, è evidente che gli interessi pubblici tutelati dalla normativa e cioè la pubblica fede, l’ordine pubblico, la sicurezza, la salute dei giocatori, la protezione dei minori, etc. prevalgono su qualunque interesse privato. In questo quadro deve escludersi in radice la derogabilità della disciplina normativa che prevede la tracciabilità di tutti i flussi finanziari, così come deve affermarsi lo stretto collegamento negoziale tra il contratto “a monte”, stipulato con il concessionario della rete, e quello “a valle” intercorrente tra l’esercente e il gestore.
Inoltre appare altresì insostenibile che nella materia de qua possa porsi la valutazione del comportamento contrattuale delle parti secondo diligenza e buona fede, dal momento che la natura di stretto interesse pubblico della disciplina del gioco preclude la configurabilità di una discrezionale valutazione del comportamento delle parti.
Ne consegue che la sentenza impugnata, là dove si è discostata da questi principi, va cassata e la causa rinviata per nuovo alla Corte di Appello di Venezia, ex art. 383, 4 co. c.p.c., anche per le spese.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto, cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte di Appello di Venezia, per nuovo esame ed anche per le spese.
- GIUOCO E SCOMMESSA - IN GENERE (CASE DA GIOCO) Gioco lecito - Disciplina dei flussi finanziari tramite strumenti di pagamento tracciabili - Inderogabilità - Sussistenza - Fondamento - Conseguenze - Pagamenti in contante - Risoluzione di diritto del contratto - Valutazione del comportamento contrattuale delle parti secondo diligenza e buona fede - Ammissibilità - Esclusione..
- Decreto Legge 06/07/2011 num. 98 art. 24 com. 1, Legge 15/07/2011 num. 111 CORTE COST., Legge 13/08/2010 num. 136 art. 3, Cod. Civ. art. 1175, Cod. Civ. art. 1375.
- CED Cassazione
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