1.- Viene proposto ricorso da A.A., sulla base di quattro motivi, corroborati da memoria, per conseguire la cassazione del decreto della Corte d’appello di Catanzaro – reso nel l’ambito del procedimento di revisione dell’assegno di mantenimento previsto in favore della figlia B.B. (nata nel (Omissis)) all’esito del giudizio divorzile svoltosi tra l’odierno ricorrente e C.C. – decreto che, in parziale riforma del provvedimento emesso dal Tribunale di Crotone, ha ridotto l’assegno di mantenimento posto a carico del padre da Euro 450,00 ad Euro 300,00 mensili, oltre all’adeguamento ISTAT, lasciando ferma la contribuzione per le spese straordinarie nella misura del cinquanta per cento per ciascun genitore.
Si difende B.B. con controricorso; è rimasta intimata la madre.
2.- I motivi di ricorso possono essere così riassunti:
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 147 e 148, 315 bis, 316 bis, 337 ter, 337 septies c.c. e della Cost., art. 30, per avere imposto la Corte di appello al genitore un contributo cumulativo di assegno di mantenimento ordinario e per spese straordinarie sproporzionato ed insostenibile rispetto alle capacità economiche e reddituali effettive del ricorrente.
II) violazione dell’art. 112 c.p.c. (principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato), per avere omesso il Giudice di pronunciare su una domanda ritualmente proposta riferita all’omessa pronuncia sull’eccezione di ultrapetizione da parte del Tribunale, per avere accolto la domanda di partecipazione alle spese straordinarie per tasse universitarie e connesse spese di alloggio in (Omissis), sull’intero importo della retta prevista dall’Università (Omissis), mentre la figlia aveva chiesto che la partecipazione fosse mantenuta entro il limite delle tasse ordinariamente previste per la frequenza dell’Università statale.
III) violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per erronea valutazione del compendio probatorio in difformità dai criteri enunciati nelle disposizioni indicate, per avere valutato come analoghe le condizioni reddituali dei due genitori, senza considerare che il padre non poteva detrarre l’assegno di mantenimento per la figlia, non percepiva gli assegni familiari e non poteva detrarre le tasse universitarie, oltre ad essere gravato dal canone di locazione della sua abitazione.
IV) violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e della Cost., art. 111, comma 4, per la motivazione meramente apparente del provvedimento impugnato.
3.- La Corte d’appello è stata chiamata a pronunciarsi sulla congruità della commisurazione al 50% della partecipazione del padre alle spese straordinarie da sostenersi per la figlia, in ragione della frequenza da parte della stessa del corso di studi in economia presso l’Università (Omissis), spese circoscritte, nella qualificazione come “straordinarie”, al canone di locazione per l’alloggio in (Omissis) e alle tasse universitarie, conseguenti alla scelta relativa – non alla frequenza universitaria, ma – alla specifica università privata condivisa dalla madre, ma contestata dal padre. La Corte di merito, ravvisata la rispondenza della scelta all’interesse della figlia, in ragione del suo brillante percorso di studi e del progetto di vita sviluppato in ambito familiare, ha affermato che i genitori erano obbligati a concorrere alla relativa spesa secondo le proprie possibilità, che ha ritenuto sostanzialmente omogenee in ragione della attività lavorativa svolta come insegnanti, rilevando che il padre non aveva “sufficientemente dimostrato l’impossibilità di sostenere l’onere relativo al pagamento della metà delle spese straordinarie per il corso di studi universitari della figlia.”.
3.1.- Il terzo ed il quarto motivo, da esaminare prioritariamente, sono fondati e vanno accolti, con assorbimento degli altri motivi.
3.2.- E’ necessario premettere che la previsione della contribuzione alle spese straordinarie riguarda quelle che per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli (Cass. n. 40281/2021) e, per tale ragione, non sono agevolmente conglobabili in un assegno con cadenza periodica, pur essendo destinate a soddisfare esigenze coerenti con le finalità di educazione ed assistenza dei figli, di guisa che rettamente viene disciplinata, tranne che in casi eccezionali, in maniera autonoma dal giudice.
Quanto alla ripartizione pro quota delle spese straordinarie questa Corte ha chiarito che queste non vanno necessariamente collocate in ragione della metà per parte, secondo il principio generale vigente in materia di debito solidale, ma tenendo conto del duplice criterio delle rispettive sostanze patrimoniali disponibili e della capacità di lavoro professionale o casalingo di ciascuno di essi (Cass. n. 25723/2016).
Va, tuttavia, considerato che, come già evidenziato da questa Corte, all’interno della contribuzione per spese straordinarie possono confluire più voci, risultando distinguibili (a) gli esborsi che sono destinati ai bisogni ordinari del figlio e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, anche lungo intervalli temporali, più o meno ampi, sortiscono l’effetto di integrare l’assegno di mantenimento (spese di istruzione e connesse, spese mediche ordinarie); (b) le spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, sono in grado di recidere ogni legame con i caratteri di ordinarietà dell’assegno di contributo al mantenimento (Cass. n. 379/2021).
Da ciò consegue che la quantificazione della contribuzione straordinaria, pur mutuando i criteri già indicati per l’assegno di mantenimento quanto alla comparazione dei redditi dei genitori ed alla opportuna proporzionalità della partecipazione, non assolve ad un’esigenza esclusivamente perequativa, come l’assegno di mantenimento, perchè la contribuzione straordinaria ha la funzione di assicurare la provvista per specifiche esigenze dei figli, ritenute proporzionate al loro interesse, e ciò, evidentemente, tende a riverberarsi nello specifico apprezzamento che il giudice di merito deve compiere per stabilirne la ripartizione.
3.3.- Va, inoltre considerato che, non essendo sempre configurabile, come affermato da questa Corte, a carico del coniuge affidatario della prole un onere di informazione e concertazione preventiva con l’altro in ordine alla determinazione delle spese cd “straordinarie”, rimane fermo che nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, spetta al giudice di merito verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore, commisurando l’entità della spesa rispetto all’utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori (Cass. n. 50597/2021; Cass. n. 19607/2011; Cass. n. 16175/2015), salvo che l’altro genitore non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso (Cass. n. 15240/2018).
3.4.- Tali principi trovano applicazione anche in relazione alle spese straordinarie dovute per il figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente, come incontestato nella specie.
3.5.- Nel caso in esame, la Corte di appello, pur avendo richiamato detti principi, non vi ha dato corretta applicazione perchè il decreto è sostanzialmente connotato da una motivazione meramente apparente.
Invero, ferma ed incontestata la ricorrenza dell’interesse per la figlia a seguire il percorso universitario prescelto, la statuizione sulla commisurazione della partecipazione paterna e sulla relativa sostenibilità risulta essere fondata su una mera petizione di principio. In assenza di una concreta quantificazione – sia pure in linea di massima – delle spese straordinarie ritenute apprezzabili ed accoglibili (che la Corte di merito individua solo per voci, non contestate, e non per presumibili esborsi), la valutazione sulla effettiva congruità delle commisurazione della quota delle stesse con le capacità reddituali del genitore che aveva prospettato la propria l’incapacità alle maggiori spese connesse alla frequenza della specifica università privata in questione, fuori sede – che notoriamente comporta costi complessivi più elevati di quelli a sopportarsi per l’università pubblica in sede – risulta svolta in termini astratti, senza nemmeno che venga in considerazione la possibilità per l’uno o per l’altro genitore di godere di sgravi o detrazioni fiscali o altro, atte ad alleggerire l’impegno economico e da considerare nella concreta determinazione.
La decisione impugnata pertanto va cassata.
4.- In conclusione, vanno accolti i motivi terzo e quarto, assorbiti i motivi primo e secondo del ricorso; il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio della causa, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
– Accoglie i motivi terzo e quarto del ricorso, assorbiti i motivi primo e secondo; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
- Redazione
Mi auguro che questo post ti sia utile e ti ricordo che ogni articolo – grazie anche alla collaborazione dei lettori – viene costantemente aggiornato e approfondito nel tempo al fine di offrire una guida quanto più completa ed esaustiva possibile.
La tua opinione conta. Miglioriamo insieme il Progetto.
Hai opinioni, pareri, correzioni da condividere su questo argomento?
Faccelo sapere! Il nostro obiettivo è offrire i migliori contenuti possibili.
Apprezziamo qualsiasi feedback ben argomentato.