1. – Sofima Emiliana Srl ricorre per tre mezzi, illustrati da memoria, nei confronti di Le Residenze di Villa Maria Srl , contro la sentenza del 23 agosto 2021, con cui la Corte d’Appello di Bologna ha dichiarato “la nullità delle statuizioni del lodo rituale sottoscritto dall’Arbitro Unico Collegio Arbitrale in data 10 luglio 2014”, all’esito di procedimento arbitrale svoltosi tra le parti, nonchè “la nullità della clausola penale contenuta nell’art. 5 della scrittura in data 30 novembre 2005”, rigettando di conseguenza l’originaria domanda proposta nel procedimento arbitrale dall’odierna ricorrente, volta alla condanna di Le Residenze di Villa Maria Srl al pagamento della penale contrattuale prevista in detta scrittura e regolando le spese di lite.
2. – Le Residenze di Villa Maria Srl resiste con controricorso.
3. – Il ricorso contiene i seguenti tre motivi:
i) violazione e/o falsa applicazione degli art. 1382 e 1325 n. 2 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.. omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia;
ii) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1346 e 1349 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.;
iii) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 , 1366 , 1367 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3..
4. – Il ricorso va accolto.
Sono difatti fondati i tre motivi, che, per il loro intimo collegamento, tutti attenendo alla validità della clausola penale azionata nel giudizio arbitrale, devono essere simultaneamente esaminati.
5. – Per la necessaria intelligenza della vicenda è sufficiente premettere quanto segue:
-) Sofima Emiliana Srl ha venduto a Le Residenze di Villa Maria Srl un fondo finitimo ad altro di proprietà di essa venditrice;
-) con successiva scrittura privata del 30 novembre 2005 Le Residenze di Villa Maria Srl si è obbligata, nei confronti di Sofima Emiliana Srl , al “rispetto… per i fabbricati che saranno edificati da Le Residenze di Villa Maria… delle attuali previsioni progettuali e di P.R.G. in merito quanto meno al numero dei piani, all’altezza dei fabbricati, alle distanze minime di 5 (cinque) metri dalla proprietà della stessa Sofima Emiliana, con l’obbligo da parte di Le Residenze di Villa Maria di lasciare, qualora i fabbricati che verranno costruiti dalla parte dell’attuale giardino della Sofima Emiliana siano più alti di 9 (nove) metri, una “luce”… di almeno 10 (dieci) metri”, il tutto assistito da una clausola penale così congegnata: “In caso di inadempimento saranno applicate, a carico della parte inadempiente, penali pari al doppio del valore dell’inadempimento”;
-) assumendo che Le Residenze di Villa Maria Srl si fosse resa inadempiente dell’obbligazione assunta, Sofima Emiliana Srl , ha azionato la clausola compromissoria prevista in contratto ed ha promosso giudizio arbitrale volto alla condanna della convenuta al pagamento della penale contrattuale;
-) l’arbitro ha accolto la domanda e, espletata consulenza tecnica diretta alla determinazione del valore dell’inadempimento, ha condannato Le Residenze di Villa Maria Srl , che aveva edificato violando il limite convenuto, al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 98.046,00 con accessori e spese;
-) Le Residenze di Villa Maria Srl ha proposto impugnazione per nullità che la Corte d’appello di Bologna ha accolto, reputando nulla la clausola in discorso, per mancanza di causa, in quanto priva dell’attitudine delimitativa che sarebbe richiesta dall’art. 1382 c.c., laddove prevede che la penale comporta che l’inadempiente sia “tenuto a una determinata prestazione”;
-) la Corte d’appello, richiamata l’autorità di Cass. 23 maggio 2019, n. 13956 , ha evidenziato che, essendo la penale parametrata all’inadempimento, essa “non costituisce criterio preciso oggettivamente e preventivamente quantificabile, non potendo che essere determinato ex post secondo lo schema di cui agli artt. 1223 ss. c.c.”, tanto più che “tale criterio dell’inadempimento non è risultato neppure quantificabile in maniera univoca”, sicchè “la clausola penale de qua non assolve affatto… alla funzione predeterminativa della prestazione dovuta per il caso di inadempimento”, venendo così meno “il nucleo caratterizzante la funzione della clausola penale, ossia la previa quantificazione del danno risarcibile”, in mancanza di “determinabilità… poichè il generico criterio dell’inadempimento… non offre alcun tipo di parametro al quale ancorare la predeterminazione del danno, limitandosi a rimandare all’accertamento dell’inadempimento e al “valore” dello stesso, concetto in sè indeterminato e di difficile comprensione”.
6. – Siffatto argomentare è errato in diritto.
6.1. – Varrà premettere che il tentativo di puntellare la decisione con il richiamo a Cass. 23 maggio 2019, n. 13956 , non è condivisibile: la decisione, sulla scia di Cass. 2 agosto 1984, n. 4603, riguarda infatti tutt’altro, e cioè il caso della clausola contrattuale che ponga a carico di una delle parti una determinata prestazione in dipendenza non di un inadempimento, bensì di un avvenimento estraneo alla sfera di volontà della stessa parte: nella pronuncia più remota l’anticipato pagamento da parte dell’appaltante all’appaltatore di determinate somme ove i lavori appaltati avessero subito ritardo per causa pur non imputabile all’appaltante medesimo; nella più recente il pagamento al concedente in leasing da parte dell’utilizzatore di un indennizzo in caso di furto o perdita del veicolo oggetto del contratto.
Tali decisioni, semmai, avrebbero dovuto essere considerate dalla Corte territoriale in tutt’altro senso, ove effettivamente la clausola oggi in esame davvero non fosse stata rispondente alla previsione dell’art. 1382 c.c., cosa che come subito si vedrà non è: ciò perchè questa Corte, nelle menzionate decisioni, lungi dall’arrestarsi alla non decisiva constatazione che le clausole esaminate non erano riconducibili alla disciplina della penale, ne ha riconosciuto la piena validità, entro l’ambito in cui è dato alle parti dispiegare la propria autonomia negoziale: e dunque allo stesso modo, nel nostro caso, ove la clausola non avesse potuto funzionare come penale, non per questo la Corte d’appello avrebbe potuto ritenerla automaticamente travolta da nullità, rimanendo da verificare se una clausola così congegnata, indipendentemente dalla sua qualificabilità come penale, fosse interdetta all’esercizio dell’autonomia negoziale dei contraenti.
6.2. – Ma il punto è che nulla esclude che la “determinata prestazione” di cui all’art. 1382 c.c. possa essere rapportata, in duplum, e dunque in misura predeterminata, all’entità dell’inadempimento, da verificare nella sua consistenza a valle dell’inadempimento stesso.
6.2.1. – Si sa che in dottrina è stata in passato, per la verità ormai non recente, sostenuta la tesi secondo cui l’art. 1382 c.c., nel riferirsi ad una “determinata prestazione”, renderebbe insufficiente la sola determinabilità, il che si giustificherebbe per la considerazione che una penale non determinata, ma soltanto determinabile, rimarrebbe indebolita nella sua funzione di coazione indiretta all’adempimento: tesi che il giudice di merito, peraltro, non ha neppur seguito avendo egli stesso riconosciuto, dando così luogo ad un patente cortocircuito logico, che la clausola penale, la quale soggiace ai principi generali delle obbligazioni, non deve essere necessariamente determinata ab initio, essendo sufficiente la sua determinabilità.
Alla tesi ricordata, tuttavia, è agevole non solo replicare, in generale, che una penale soltanto determinabile non è per questo meno dissuasiva di una penale invece predeterminata, dal momento che esonera pur sempre il creditore dall’onere della prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno, nel che risiede l’effetto strutturale della stessa, ma anche aggiungere, con riguardo al caso in considerazione, che l’indole intimidatrice della pattuizione rapportata al “valore dell’inadempimento”, è semmai qui incrementata, giacchè volta a mettere sull’avviso il contraente che quanto più egli si fosse reso inadempiente, tanto più sarebbe stato costretto a pagare.
6.2.2. – Si è aggiunto, al fine di dimostrare l’esigenza di necessaria determinatezza della penale, che essa andrebbe a collocarsi al fianco dell’obbligazione risarcitoria da inadempimento, dalla quale si differenzierebbe però proprio perchè il contenuto di quest’ultima viene determinato dal giudice, mentre la prestazione oggetto della penale, atteso il suo carattere sanzionatorio, dovrebbe essere anticipatamente definito dall’accordo delle parti.
Ma l’osservazione, la quale seconderebbe nella materia una significativa compressione dell’autonomia negoziale dei contraenti, cade dinanzi alla constatazione, secondo quanto questa Corte ha da tempo chiarito, che la clausola penale – pur nella complessità della sua fisionomia, da rapportarsi alla concreta conformazione che le parti le hanno di volta in volta assegnato – svolge una funzione, non tanto sanzionatorio-punitiva, quanto di risarcimento forfettario del danno, essendo intesa a rafforzare il vincolo contrattuale ed a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti qualora si renda inadempiente, con l’effetto di limitare a tale prestazione il risarcimento, indipendentemente dalla prova dell’esistenza e dell’entità del pregiudizio effettivamente sofferto (da ultimo Cass. 26 luglio 2021, n. 21398 ): funzione risarcitoria, più che sanzionatoria-punitiva, evidentemente confermata dalla riducibilità, anche officiosa (Cass., Sez. Un., 13 settembre 2005, n. 18128 ), quand’anche le parti ne abbiano convenuto l’irriducibilità (Cass. 16 dicembre 2019, n. 33159 ), della penale manifestamente eccessiva (Cass. 18 gennaio 2018, n. 1189 ).
6.3. – In definitiva, va seguito l’orientamento ampiamente maggioritario secondo cui alla clausola penale deve applicarsi la disciplina generale dell’oggetto del contratto, la cui natura può essere tanto determinata quanto determinabile, di guisa che la determinazione ben può avvenire ex post, sulla base di un criterio predeterminato, di cui sia fatta applicazione in un momento successivo all’inadempimento.
In tale prospettiva le parti possono convenire, ad esempio, il pagamento di una somma rapportata all’entità temporale di durata dell’inadempimento, o convenire soltanto il tetto della penale, suscettibile di essere poi rapportata alla effettiva consistenza dell’inadempimento consumato (in questo senso espressamente in motivazione Cass. 18 gennaio 2018, n. 1189 ), nel qual caso, parimenti, l’entità della penale diviene concretamente determinato soltanto ex post.
6.4. – In tale quadro, dunque, la previsione secondo cui in caso di inadempimento “saranno applicate, a carico della parte inadempiente, penali pari al doppio del valore dell’inadempimento”, è conforme alla previsione dell’art. 1382 c.c., dal momento che predetermina il danno in funzione di un parametro individuato ex ante e considerato dalle parti nella sua oggettività, tale da vincolare il giudice, fatto salvo il potere di riduzione (beninteso, esercitabile nell’osservanza dei rigidi criteri che questa Corte ha fissato: v. p. es. Cass. 10 maggio 2012, n. 7180 ), tant’è che l’arbitro, ricorrendo all’ausilio di un tecnico, non ha incontrato soverchie difficoltà a fissare il valore dell’inadempimento, rapportato al valore dei maggiori volumi edificati dall’originaria convenuta in arbitrato, e pervenire per questa via all’elementare calcolo aritmetico della penale dovuta.
7. – La sentenza impugnata è cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: “In materia di clausola penale, la prestazione posta a carico della parte inadempiente ai sensi dell’art. 1283 c.c. è soggetta all’applicazione della disciplina generale dell’oggetto del contratto, sicchè può essere determinata o determinabile sulla base di un criterio predeterminato, quantunque la determinazione possa aver luogo soltanto ex post, in un momento successivo al consumarsi dell’inadempimento”, provvedendo anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2023.
- Redazione
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