1. – D. Immobiliare s.r.l., M.G. e R.L. hanno agito in giudizio nei confronti di Unicredit s.p.a. con riguardo a un rapporto di conto corrente assistito da aperture di credito intrattenuto dalla società e garantito da fideiussione prestata dalle persone fisiche; gli attori hanno domandato in via principale la condanna dell’istituto di credito alla restituzione di somme indebitamente corrisposte e in via riconvenzionale la rideterminazione dei rapporti di dare e avere tra le parti, mediante compensazione tra quanto corrisposto in eccesso nel corso del rapporto e quanto asseritamente ancora dovuto alla banca.
Quest’ultima si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attrici e spiegando, in via riconvenzionale, domanda di condanna degli attori al pagamento del saldo passivo del conto. È intervenuta Fino 1 Securitisation s.r.l., divenuta titolare di un portafoglio di crediti in sofferenza, tra i quali quello oggetto di causa.
Il Tribunale di Varese ha respinto la domanda attrice e accolto quella riconvenzionale. Ha osservato, in sintesi, che la società correntista e i fideiussori non avevano prodotto il contratto di conto corrente posto a base della pretesa azionata; tale circostanza, ad avviso del giudice di primo grado, non assumeva però rilievo preclusivo ai fini dell’accoglimento della domanda riconvenzionale, visto che era stato prodotto in giudizio un piano di rientro avente valore di ricognizione di debito, col quale gli attori avevano riconosciuto una passività, alla data del 23 gennaio 2013, di Euro 112.586,66.
2. – Il gravame proposto dalla società correntista e dai fideiussori è stato respinto dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 20 aprile 2020. Il giudice distrettuale ha ribadito che il piano di rientro del 23 gennaio 2013 aveva il valore di una ricognizione di debito; ha perciò ritenuto che la banca, attrice in riconvenzionale, fosse dispensata dall’onere di provare il rapporto fondamentale, spettando alla controparte
di dare dimostrazione dell’insussistenza del credito: e cioè della dedotta nullità e illegittimità degli addebiti operati dalla banca nel corso del rapporto.
3. – D. Immobiliare, M.G. e R.L. ricorrono per cassazione avverso la pronuncia d’appello con un ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resiste con controricorso Fino 1 Securitisation s.r.l., rappresentata in giudizio da doValue s.p.a., la quale ha depositato, in prossimità dell’adunanza camerale “atto di costituzione di nuovo difensore e memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.”
1- Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. Sostengono, in sintesi, i ricorrenti che l’atto di ricognitivo del debito sia inidoneo alla produzione di effetti sul piano sostanziale e processuale ove il credito non possa sorgere per la nullità del contratto. Si deduce, al riguardo, che il riconoscimento del debito non possa comportare la sanatoria del contratto privo della forma scritta ad substantiam. Col secondo mezzo sono denunciate violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1325 c.c., nonché dell’art. 117 t.u.b., commi 1 e 3. Viene spiegato che la forma scritta, imposta per i contratti bancari dal cit. art. 117, è insuscettibile di deroga, non potendo essere surrogata nemmeno dalla confessione, e che la banca era conseguentemente onerata della documentazione del negozio intercorso. In difetto di prova scritta la banca non aveva titolo per addebitare alla società correntista somma alcuna: men che meno gli importi corrispondenti alle voci contestate dagli attori.
2- I due motivi, che si prestano a una trattazione congiunta, sono fondati. Secondo la giurisprudenza di questa S.C., in tema di conto corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l’estinzione, nè lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti (Cass. 19 settembre 2014, n. 19792). Consistendo in una dichiarazione unilaterale recettizia che non integra una fonte autonoma di obbligazione, avendo piuttosto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, la ricognizione di debito non può poi supplire alla mancata documentazione della pattuizione, soggetta alla forma scritta ad substantiam, da cui tragga origine il detto rapporto. Il principio è stato affermato in più occasioni con riguardo al tema degli interessi ultralegali: si è detto, al riguardo, che per la costituzione dell’obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale è necessaria la forma scritta ad substantiam e che perciò è a tal fine inidonea una ricognizione del debito, atto successivo alla costituzione di detto obbligo (Cass. 20 ottobre 2003, n. 15643; Cass. 14 gennaio 1997, n. 280; Cass. 16 marzo 1987, n. 2690). Alla stessa conclusione deve pervenirsi con riguardo alle altre pattuizioni, regolanti le condizioni praticate al cliente, contenute nei contratti bancari: i quali, a norma dell’art. 117 t.u.b., devono essere redatti per iscritto (comma 1), a pena di nullità (comma 3). La Corte di merito non avrebbe potuto conseguentemente accogliere la domanda riconvenzionale della banca sulla scorta del nominato piano di rientro: a fronte della deduzione attorea, da essa stessa richiamata, secondo cui ricorreva “l’inesistenza del contratto scritto” (pag. 7 della sentenza impugnata) e a fronte, altresì, della contestazione, da parte della correntista e dei garanti, dell'”applicazione di condizioni non contrattualizzate” (pag. 2 della sentenza), essa avrebbe dovuto verificare se nella fattispecie si ravvisasse o meno una nullità del contratto per vizio di forma (per una fattispecie analoga, in materia peraltro diversa, cfr. Cass. 13 giugno 2014, n. 13506).
3- Il ricorso è accolto.
La pronuncia in esame va quindi cassata, con rinvio della causa alla Corte di Milano, cui è pure demandata la regolazione le spese del giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio dovrà fare applicazione del seguente principio di diritto: “Il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, avente natura meramente ricognitiva del debito, non preclude la contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti e non esonera pertanto la banca, attrice in giudizio per il pagamento del saldo, dal documentare le condizioni convenute nel contratto di conto corrente, che è soggetto alla forma scritta ad substantiam a norma dell’art. 117 t.u.b.”.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
- Contratto- Nullità- Riconoscimento del debito non sana la nullità del contratto.
- Cod. Civ. art. 1325 CORTE COST., Cod. Civ. art. 1988, Cod. Civ. art. 2697 CORTE COST., Decreto Legisl. 01/09/1993 num. 385 art. 117 CORTE COST..
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